È oggi la sentenza della corte costituzionale sul “legittimo impedimento”. Silvio Berlusconi, se non venisse riconosciuta una sorta di “buona condotta politica” si troverebbe costretto a alzare ancora di più il tiro contro la magistratura pur di non riconoscere la pioggia di pesantissime ulteriori sentenze che a pioggia gli pioverebbero sul capo: Ruby, diritti Mediaset e quel mezzo miliardo di euro di risarcimento a De Benedetti nel processo sul lodo Mondadori. E non abbiamo dubbi che il cavaliere andrà, in caso di parere contrario da parte della consulta, a forzare con il ricatto del ritiro della fiducia al governo in un estremo tentativo di avere ancora agibilità politica aggirando “l’interdizione ai pubblici uffici” che lo porrebbe fuori definitivamente dalla vita pubblica e politica e cancellerebbe per sempre le sue ambizioni di finire la sua carriera al Quirinale. Se invece Silvio vincesse metterebbe definitivamente in archivio l’idea di diventare (noi, Italia) un paese normale fondato sul diritto e l’egiaglianza.
Tutto questo sta per avvenire in un clima surreale. Con un Pd in affanno a causa delle divisioni su esecutivo e maggioranza e ormai impegnato in una durissima battaglia congressuale. Con il governo che fa poco e quel poco che fa è raffazzonato e balbettante visto il continuo esercizio di veti incrociati all’interno della spuria maggioranza che lo tiene in piedi. Con lo tsunami grillino che si sta rivelando un bluff virtuale e i battaglioni dei cittadini parlamentari impegnati solo ed esclusivamente a farsi una guerra senza quartiere fra loro e a mettere in scena una parodia grottesca di quello che fu lo stalinismo più becero con tabto di caccia alle spie e traditori e i piagnistei patetici di chi non riesce a svincolarsi dalla realtà riflessa in uno specchio.
La risposta alla crisi (economica, sociale, politica e culturale) lo sappiamo benissimo che non verrà da questo parlamento (tutto) e da questo governo. Il ceto politico vecchio e nuovo (compreso quello espresso dal M5S) ha dimostrato la sua impotenza.
E noi aspettiamo, nel pieno di questa estate che si annuncia terribile e disperata. Aspettiamo la sentenza sul legittimo impedimento. Se questo non è indice del nostro livello di disperazione, che altro è?
Pubblicato da Pietro Orsatti
Nato a Ferrara nel 1963, cresciuto a Roma, espatriato più volte per lavoro.
Ha collaborato per numerose testate giornalistiche italiane ed estere occupandosi di ambiente, lavoro, mafie e esteri. Ha lavorato presso il gruppo parlamentare verde (11esima legislatura) ed è stato uno dei membri dei comitati nazionali per i referendum “caccia” e “nucleare” del 1986. Ha avuto incarichi e lavorato in associazioni ambientaliste come Legambiente e Friends of the Earth. Ha realizzato progetti web e campagne per ActionAid, Anci, Un ponte per, Ricerca e Cooperazione. Ha lavorato e pubblicato, fra gli altri, per Diario fin dalla sua fondazione, il manifesto, Agenzia Dire, L’Unità, Editoriale la Repubblica (in particolare MicroMega), Carta, La Nuova Ecologia, Reporter, Arancia Blu, Modus, Liberazione, Rassegna Sindacale, Avvenimenti Left/Avvenimenti, Liberazione, Terra, AntimafiaDuemila, Dazebao News, Roma Report, Peace Reporter, I Siciliani giovani. Ha collaborato con Rai, Telesur, RedeBras e RadioPop, Radio Città Futura, Arcoiris.tv. E’ stato fondatore del progetto editoriale de Gli Italiani.
Ha, realizzato numerosi documentari sia come autore che regista e ha scritto per il teatro e curato la regia di alcuni spettacoli.
Come documentarista ha firmato i lungometraggi “Fome Zero Sede Zero” e “Lona Preta” (realizzati in Brasile) e “De Ma – Trasformazione e declino” finalista del festival “Cinema e Lavoro” promosso dalla Cgil nel 2007. Nello stesso anno ha girato un ritratto di Lidia Menapace “Ci dichiariamo nipoti politici”. Ha realizzato numerosi i mediometraggi In Italia, Brasile, Mozambico e Sud Africa, fra cui “Il lato umano”, “Utopia Luar”, “Get on Board”, “Sulla stessa barca”, “Gli angeli del Brasile”. Ha collaborato alla realizzazione dello spettacolo teatrale “Bambini a dondolo” di Giulio Cavalli e scritto e curato la regia degli spettacoli “Cantata dal basso”, “Clic” e “Il lampo verde”.
Ha pubblicato nel 2009, per la casa editrice Socialmente, il libro A schiena dritta; con Coppola editore L’Italia cantata dal basso (2011) e Segreto di Stato (2012); con Errant Editions gli ebook Roma – un reportage e Utopia Brasil e altri due ebook Il lampo verde e L’Era Alemanna in self publishing. Successivamente ha scritto per Imprimatur il libro inchiesta Grande Raccordo Criminale (2014), di cui è coautore insieme alla giornalista Floriana Bulfon, seguito da Roma brucia (2015), In morte di Don Masino (2016), Il bandito della Guerra fredda (2017) e con Antonio Ingroia Le trattative (2018). Con Imprimatur ha anche ricoperto l’incarico di curatore di collana e editor.
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L’INCUBO DEL REGIME
Nonostante le tasse che pagano le sue aziende contribuiscano riccamente al mantenimento dello Stato e ad ingozzare persino i suoi stessi persecutori, viene
Diffamato da certi giornali e programmi televisivi perché vuole impedire le diffamazioni cambiando il modo di informare…
Contestato e deriso dalla stampa estera, la quale viene istigata da certa stampa nazionale…
Inquisito da certi magistrati che non vogliono rinunciare ad una comoda vita di scandalosi privilegi, impedendo che si inserisca nella legislatura la responsabilità delle loro inquisizioni…
Attaccato da certi sindacati perché vuole eliminare quelli che proteggono gli enti inutili, le cooperative rosse e quei sindacalisti che, non avendo mai lavorato, pretendono di difendere i diritti dei lavoratori…
Perseguitato da un regime che non vuole rinunciare alla sua vecchia ideologia, la quale ha e sta provocando tanti danni in certi paesi…
Il cavaliere continua la sua tenace battaglia, a volte con umorismo ma decisa, per impedire che il regime, di nuovo pelo ma di vecchio vizio come il lupo, riesca ad imporre al popolo italiano le sue perverse aspirazioni.
– da CocoMind.com – La voce del dissenso