La destra del me ne frego e il trasformismo dei tengo famiglia

Se c’era qualche dubbio sulla reale natura di questo governo, la cronaca politica delle ultime settimane ha fatto crollare ogni illusione che quella italiana sia una destra liberale e democratica e non una falange di estremisti e questuanti assetati di vendette per torti immaginari e di riconoscimenti immeritati e accesso a fondi pubblici ché una delle caratteristiche del fascismo fin dai tempi di Mussolini è il vittimismo, il sentirsi vittime di complotti e trame occulte mentre si occupa militarmente ogni posto di potere che sia reale o solo nominale.

Il caso La Russa con il suo corollario di attacchi nei confronti della vittima e poi quello delle dichiarazioni fallaci della ministra Santacché. Basterebbero queste a scatenare un terremoto. L’”editoriale” di Facci che ci riporta agli anni più bui dell’Italia che condannava pubblicamente le donne vittime di violenza accusandole di aver provocato volutamente il virgolto della il figlio della seconda carica dello Stato. L’occupazione militare perfino di ogni irrilevante posto di potere con continui colpi di mano in parlamento o attraverso la legislazione di emergenza. L’odio come motore dell’attività legislativa con attacchi a ogni contrappeso e valore della nostra democrazia. “Ce ne freghiamo della galera, camicia nera trionferà (…)Se non trionfa sarà un macello col manganello e le bombe a man!”, che poi tracima in vittimismo quando le cose non vanno in porto come progettato.

E così, del resto, traspare anche nel caso Santacché e dal suo quantomeno bizzarro metodo di gestione delle proprie aziende, e del censurabile rapporto con personale e azionisti e il mancato rispetto delle leggi che regolano l’attività economica e finanziaria di qualsiasi azienda soprattutto se fornitrice di servizi finanziati dallo Stato si direttamente che indirettamente come nel caso della cassa integrazione. Una storia così italiana quella della ministra del turismo già emersa con la rozza e demenziale vicenda della campagna di promozione “open to meraviglia” che avrebbe dovuto essere il fiore all’occhiale del rilancio dell’immagine del made in Italy e invece si è trasformata in una pacchiana e dilettantesca vetrina infranta, costata cifre incomprensibili per un lavoro raffazzonato, dilettantesco usando immagini di repertorio e non materiale originale affidando il tutto a un’azienda specializzata in campagne pubblicitarie “amica”, la Armando Testa con cui la ministra aveva avuto già in passato rapporti di stretta collaborazione.

Sarebbe necessario, visto che di fatto siamo coinvolti in una guerra, capire quali siano gli interessi economici di Guido Crosetto, ministro della difesa, e personaggio di spicco del settore industriale e commerciale nel settore della difesa.

Sarebbe già stato grave che il ministro della difesa fosse fornitore di armamenti e sistemi di difesa in tempo di pace, figuriamoci durante una guerra in cui, come fornitori di armi all’Ucraina e paese membro della Nato, siamo direttamente coinvolti e spendiamo cifre inimmaginabile nella fabbricazione e acquisto di sistemi d’arma.

Scrivevano il 21/10/22 Giovanni Tizian e Emiliano Fittipaldi sul quotidiano “Domani”:

“Crosetto chiarisce che non è vero che viene stipendiato 400mila euro come presidente dell’Aiad, la federazione confindustriale che cura gli interessi delle aziende del settore dell’aerospazio e della difesa. «La presidenza dell’Aiad per statuto è gratuita”.

In realtà il regolamento interno dice altro. «Tutte le cariche non sono retribuite, fatta eccezione per la carica del presidente ove il cda lo ritenga opportuno», si legge. Evidentemente per Crosetto non ha deliberato conseguentemente. «Da dove vengono i miei guadagni? Dalla mia attività privata, eventuali dividendi di società, entrate da proprietà e fatturato partite Iva», dice. In pratica, consulenze”.

È lo stesso livello culturale e la formazione politica che lascia sconcertati. Potrei fare la lista dei ministri esplicitamente incapaci di ricoprire qualsiasi incarico, anche il più umile, nell’amministrazione pubblica, ma sarebbe inutile, un accanimento buono solo per alimentare il vittimismo di questo esecutivo che fonda il suo consenso anche sulla paranoia, appunto, vittimistica. Si, fascista, perché si richiama direttamente a quel ventennio e alla figura di leader salvifico e assoluto di Mussolini e del “tanti nemici, tanto onore”. Non è un governo di centro destra, ma un governo che punta allo smantellamento delle regole democratiche, che colpisce intere fasce sociali fino ad entrare nel privato, nello specifico, quando agisce su questioni di genere discriminando a alimentando discriminazioni e forzando i propri poteri fino a minacciare di ledere i diritti civili e politici di ogni singolo cittadino di questo paese.

Riporto, in chiusura, un brano del libro di Emilio Lussu, “Marcia su Roma e dintorni”. Un frammento del resoconto degli ultimi giorni prima della presa del potere assoluto da parte di Mussolini.

S’incominciava dai comunisti. Poi doveva venire il turno dei socialisti, dei cattolici, dei democratici e dei liberali. Questi ultimi, ignari del loro turno, atteggiandosi a giudici imparziali, commentavano con molta indulgenza.

Nella Camera si respirava un’atmosfera di guerra. La discussione sull’indirizzo di risposta al discorso della Corona fu violenta. Nel paese continuavano scioperi e conflitti tragici tra fascisti, socialisti e cattolici. L’onorevole Mussolini parlò per la prima volta alla Camera il 25 giugno. Aveva preso posto nell’ultimo scanno di destra, dove mai nessuno, prima di lui, aveva osato sedere. Staccato dagli altri, così in alto, sembrava un avvoltoio accovacciato su una rupe.

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