Quando è iniziata. “… professo’, lei dovrebbe dire pure qualche cosa di destra”.

Con dolore e nostalgia ripesco un brano di un libro di Sandro Onofri, “Registro di Classe“, uscito dopo la sua morte. Abbiamo lavorato insieme per un anno, Sandro e io, dividendo la stessa scrivania e la stessa mazzetta di quotidiani a Diario della Settimana diretto da Enrico De Aglio e per circa un anno quando il settimanale usciva in abbinamento con l’Unità della domenica (all’epoca ci davano dei pazzi in parecchi per quella scelta così folle, ché la domenica come giornata di uscita di un settimanale era una roba impensabie).

Sandro all’epoca era uno degli scrittori emergenti più interessanti dell’epoca, con un inequivocabile legame con il lavoro di Pier Paolo Pasolini che aveva avuto l’onore di conoscere quando era ragazzo. Figlio di un rilegatore (uno dei clienti di suo padre era prorpio PPP) e massacratore di caviglie altrui, menava con stile nei campetti della Magliana ché su quelli era cresciuto, fatto le ossa e formato il carattere) dividendosi fra la sua famiglia, il suo lavoro di insegnante, la scrittura, la Roma 8aveva giocato nella Primavera, Bruce Springsteen e i libri.

Sono andato a recuperare questo brano di “Registro di classe” perché nella sua disarmante semplicità rimane tutt’ora di un attualità disarmante anche se sono trascorsi trent’anni dalla sua uscita. Un manoscritto, un diario ritrovato dalla moglie e pubblicato da Minimum Fax.

C’è assemblea di classe. Da dentro le aule arrivano risate e qualche urlo. Due ragazze escono dalla III A e vanno in bagno, ridendo tra loro. Nella tasca dei blue-jeans si vede il bozzo rettangolare delle sigarette. Due alunni leggono invece il Corriere dello Sport che il bidello ha lasciato sul tavolo. La maggior parte dei colleghi sta in sala professori. Io mi metto da una parte e sorseggio il succo di cicoria che si può prendere a cinquecento lire dalla macchinetta del caffè sul corridoio.
A un certo punto, verso la fine dell’ora, mi vengono incontro due allievi di seconda, Marco e Domenico. Ridono, ma sono un po’ imbarazzati: «Professo’, è vero che lei non se la prende a male se abbiamo detto pure qualche cosa contro di lei?»
In teoria non dovrei prendermela, però in pratica… Ma perché, cosa c’è che non va? Siamo stati a lavorare in armonia fino a un’ora fa, e adesso mi venite a dire che ci sono problemi? Mi risponde Diego, capelli a tappetino pieni di gelatina on the top, e poi il deserto da un’orecchia all’altra: No, dice, professo’, sa di che si sono lamentati? Che lei fa troppa politica, e poi si vede troppo che è uno di sinistra. Lei, dicono sempre loro, professo’, lei dovrebbe dire pure qualche cosa di destra.
Io cado dalle nuvole. Io fare politica in classe? E quando mai? Ma vi siete impazziti? Ma se siete pure venuti a chiedermi per chi si deve votare, e vi ho risposto che sono cose personali, che dovete leggere e informarvi e farvi un’idea da soli? Adesso mi sto un po’ arrabbiando. I ragazzi sono ragazzi, e va bene, però pure le cazzate sono cazzate.
Ma che non è vero che lei è di sinistra?, insiste con un’aria furbastra l’altro, Roberto. E vabbe’, ma mica è un delitto, rispondo. E poi non mi avete ancora spiegato cosa avrei fatto, io, di sinistra? A questo punto, i due si guardano e scoppiano. E vabbe’, ’a professo’, tutti quei brani che ci ha fatto leggere sul razzismo, Malcolm X, Martin Luther King, e Làscacas (che sarebbe Las Casas) e poi quell’altro, lì, Primo Levi… eh! Allora, per fare le cose fatte bene, ci doveva fare leggere pure qualche razzista! E cioè?, chiedo. E che ne so, per esempio ci dovrebbe far vedere Skinheads. Ma questo, mi informo, chi lo dice? Tu o loro? No, sempre loro.
Allora mi tocca spiegare che essere antirazzisti non è di destra né di sinistra. È semplicemente da persone intelligenti. Aggiungo che non sempre c’è l’obbligo di dare spazio a due punti di vista opposti. Se affrontiamo il fenomeno dello stupro, per esempio, non è che mi potete accusare di essere comunista perché non invito a scuola uno stupratore. Ve lo immaginate? Benvenuto a scuola, signore, se per favore, in onore alla par condicio, vuole concederci un po’ del suo tempo prezioso per spiegarci il suo punto di vista…

Anche allora, all’alba del berlusconismo e del paese dei balocchi dove tutto era possibile con un uomo forte alla guida, una figura paternalistica, autoritaria e soprattutto vincente che delle regole e della collettività aveva ben poca attenzione, il vittimismo culturale della destra post fascista e populista non accettava che vi fosse non una sorta di egemonia della sinistra – più presunta che reale – sul piano culturale e etico, che l’ossatura etica della Repubblica si basasse su un forte sentimento antifascista. Allora come oggi. Storia che si ripete. Fame atavica di potere che si trasforma in occupazione di ogni casella del sistema.

I valori che diventano superflui.

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