Il caimano e la sua eredità

La beatificazione è arrivata in diretta televisiva. Si contavano presenti e assenti, lacrime e noia, fans orfani di Colpo Grosso. Lo zio d’Italia, feroce e bonario, ha preso comiato nell’usuale pacchiana grandeur che ci ha offerto, fra una barzelletta e un’intimidazione, per ben più di vent’anni. Più di una generazione sotto il suo segno, uno sfregio.

Gli eredi si stavano già spartendosi le spoglie del caimano in Duomo quando il futuro incerto di un paese segnato dal gangsterismo politico dei primi completi gesati e riporti ben impomatati si affidava al coatto fascismo di periferia di donna Giorgia e dei suoi analfabeti ministri. Lo spettacolo deve continuare. Grottesco.

Il lutto nazionale è durato il tempo di una dichiarazione, le intimidazioni e le minacce andranno avanti per mesi e anni. Italia, il paese familista e contadino, tutti alla fame con i soldi nel materasso o in un conticino oltre frontiera.

È questo il segno, il resto è un ghigno.

Poi un sussurrato insulto, quello che i servi lanciano a chi cade. In atttesa. Ancora. Le mani che si alternano fra i coglioni e il portafoglio.

Minaccia.

Infierire sugli ultimi.

E affari, che solo quelli uniscono i popoli di questo paese di opportuni opportunisti.

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