Le mafie a Roma. Nessuno si stupisca. E' così da più di trent'anni

di Pietro Orsatti

Qualcuno continua a ripetere, come se recitasse un esorcismo: “Camorra in trasferta a Roma”. Anche dopo il delitto di ieri. Trasferta. Come se qualche mafioso in vacanza sotto al Cupolone si fosse fatto beccare (o ammazzare) a Roma per sbaglio. Anche dopo il morto per strada. Qualcuno pensa, o ci vuole far pensare, che la città sia immune dalla presenza e dagli affari delle mafie. E invece non è così e forse non è mai stato così. L’omicidio di Carmine Gallo rivela uno scenario ben diverso, nella maniera più drammatica. Uno scenario che magistratura e forze di polizia conoscono bene ma stampa e politica no.

Andiamo ai fatti.

A sangue freddo. E in pieno giorno. Così un pregiudicato di Torre Annunziata è stato ucciso, con quattro colpi di pistola, questa mattina a Roma. Una vera e propria esecuzione, l’hanno definita poco dopo gli investigatori della polizia arrivati in via Bistagno, al quartiere Aurelio, certi che le indagini non saranno cosa semplice. Soprattutto perché la vittima, Carmine Gallo di 52 anni, aveva probabilmente molti nemici. Il pregiudicato, infatti, era un personaggio conosciuto alle forze dell’ordine, con diversi precedenti penali. L’uomo, conosciuto negli ambienti della criminalità organizzata con il soprannome di ‘O longo’, era stato in passato legato ad esponenti della camorra. Nel suo lungo ‘curriculum’ criminale, ha detto un investigatore della polizia, non mancano omicidi e traffico di droga. Da qualche anno Gallo si era stabilito nella capitale e viveva nella zona periferica dell’ex residence Bastogi.

Il corpo del pregiudicato, ucciso da quattro colpi di pistola che lo hanno raggiunto al torace, è stato trovato accasciato in terra con le spalle poggiate sul cancello esterno di una villa. Carmine Gallo, secondo una prima ricostruzione della squadra mobile di Roma, sarebbe entrato in ‘contatto’ con il suo killer subito dopo aver parcheggiato la propria auto, a circa 200 metri di distanza dal luogo del ritrovamento del suo corpo. In strada, durante il tragitto che va dall’auto al ritrovamento di Carmine Gallo, si vedono a terra gocce di sangue. Da una prima ricostruzione, la vittima, barcollando dopo essere stata colpita, ha chiesto invano aiuto prima di accasciarsi davanti al cancello. Gli inquirenti stanno cercando di ricostruire la dinamica dell’agguato ma le prime valutazione portano a pensare che l’uomo era a bordo della sua Fiat Stilo quando si è fermato davanti ad un bar di via Bistagno. Qui ad attenderlo c’erano due uomini con i quali Gallo avrebbe avuto una discussione piuttosto animata.

Poi Gallo si è allontanato ma uno dei due uomini ha estratto una pistola ed ha cominciato a sparare. Raggiunto alle spalle da un proiettile, Gallo ha cercato di scappare ma è stato colpito da altri colpi. Ad avvertire la polizia sono stati gli inquilini di un palazzo vicino al luogo dell’omicidio che hanno sentito dei colpi di arma da fuoco, ma quando sono arrivati i soccorsi l’uomo era già morto Allo stato non si esclude che l’omicidio possa essere avvenuto per un regolamento di conti nell’ambito di giri di droga e prostituzione. (ANSA).

Non è il primo caso. Negli scorsi anni ci sono stati diversi casi analoghi di scontri interni fra i vari sodalizi criminali con tanto di omicidi eclatanti in particolare sul litorale romano. Da Torvaianica a Ostia e Fiumicino la presenza di Camorra e ‘ndrangheta è consolidata da anni. Da qui passa una delle vie preferenziali per il traffico di droga. A due passi c’è Fondi, dove ai campani e ai Calabresi si aggiungono anche i siciliani di Cosa nostra, come dimostrato da alcune operazioni eseguite poco più di un mese fa. La presenza delle mafie a Roma era già stata ipotizzata dall’ex procuratore antimafia Pierluigi Vigna nel 2004: “Credo che nella Capitale la criminalità organizzata gestisca parecchie cose”, aveva dichiarato il magistrato all’epoca. In realtà la presenza stanziale dei clan sia calabresi che campani risale almeno a trent’anni fa. Con intrecci e complicità diffuse. Non è un caso che un boss di spicco come il capo delle ‘ndrine di Reggio Calabria Paolo Di Stefano dividesse il covo di latitanza nella Capitale con un’esponente dell’eversione nera come Franco Freda. È non è difficile pensare che questo soggiorno “bifamiliare” (durato a quanto pare quasi un anno) fosse consentito se non favorito da qualche “apparato deviato” dello Stato. Come del resto sono ben documentati i legami fra le varie mafie e la Banda della Magliana negli anni ’70. Relazioni che si estendevano a una palude di spioni, trafficanti, eversori.

Non esistono statistiche “definitive” sul racket a Roma. Ma in molti quartieri il numero ormai quotidiano di incendi dolosi, danneggiamenti etc ci raccontano di un sistema del pizzo ben radicato e fiorente. Come del resto è evidente che il traffico di stupefacenti a Roma non ha mai subito una flessione. Sono cambiate solo le sostanze. L’eroina controllata da Cosa nostra negli anni ’80, la cocaina controllata dalla ‘ndrangheta poi. E vogliamo parlare degli appalti, delle infiltrazioni nelle società, delle imprese di riciclaggio? A complicare la situazione, poi, la presenza di altre mafie di altri Paesi. La mafia cinese, quelle dei paesi dell’Est europeo, perfino quella nigeriana.

Questa è la situazione nella Capitale. Che nessuno si sorprenda. E soprattutto nessuno parli di casi isolati o di boss in trasferta.

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