Sembra tutto troppo facile. E assolutorio. Posso dirlo? Anche i nomi che escono, il presidente del porto, Fasciani, il clan Spada, le operazioni (alternate) una volta dei carabinieri e un’altra volta della polizia di Stato. E anche il procuratore Pignatone che finalmente non teme di dire “mafia” dopo che a piazzale Clodio perfino la parola “mafia” provocava epidemie di eritemi. E poi gli ex della Banda della Magliana che ex non sono, e poi le famiglie “di rango” di Cosa nostra, e i fantasmi della French Connection (e tutti quei magistrati che se ne occuparono e sono morti: Giovanni Falcone, Ciaccio Montalto, Pierre Michel). Tutto lì, tutto concentrato fra il pontile e il porto, fra Capocotta e gli stabilimenti tamarri. Con tanto di benedizione nelle ordinanze cautelari del pentitone Gaspare Spatuzza. Si, tutto credibile, perfino sospettato e risaputo da anni. Ma sempre parlando di Ostia come se Ostia non fosse pezzo di Roma. Come se non ci fossero stati più di 60 morti ammazzati in meno di tre anni. E allora Ostia, come anche in passato. Con quella criminalità mafiosa che si faticava a chiamare con il proprio nome: mafia. Con le enclave facili da individuare, la retorica della terra di mare coatta. Ma de ché!
Dove sono finiti i morti di Tor Sapienza, del Laurentino, di Tor Bella Monaca, della Boccea, della Cassia. E Corso Francia? E la Romanina? E il centro che sembra Berlino Est appena caduto il muro e c’è chi compra tutto? Appartamenti, negozi, perfino “buffi”. Dove sono gli affari, i neo fascisti ripittati e buttati dentro le Spa? Dove sono gli affaristi, gli immobiliaristi improbabili, la mafia dei colletti bianchi che lucrano sulla crisi e sul degrado?
Troppo facile dopo troppo silenzio. Dopo i dossier patinati e le denunce salottiere.
Tutto troppo facile. Ostia caput mundi, e il resto “famo finta de nun vedè”? Nun ce po’ bastà.
Pubblicato da Pietro Orsatti
Nato a Ferrara nel 1963, cresciuto a Roma, espatriato più volte per lavoro.
Ha collaborato per numerose testate giornalistiche italiane ed estere occupandosi di ambiente, lavoro, mafie e esteri. Ha lavorato presso il gruppo parlamentare verde (11esima legislatura) ed è stato uno dei membri dei comitati nazionali per i referendum “caccia” e “nucleare” del 1986. Ha avuto incarichi e lavorato in associazioni ambientaliste come Legambiente e Friends of the Earth. Ha realizzato progetti web e campagne per ActionAid, Anci, Un ponte per, Ricerca e Cooperazione. Ha lavorato e pubblicato, fra gli altri, per Diario fin dalla sua fondazione, il manifesto, Agenzia Dire, L’Unità, Editoriale la Repubblica (in particolare MicroMega), Carta, La Nuova Ecologia, Reporter, Arancia Blu, Modus, Liberazione, Rassegna Sindacale, Avvenimenti Left/Avvenimenti, Liberazione, Terra, AntimafiaDuemila, Dazebao News, Roma Report, Peace Reporter, I Siciliani giovani. Ha collaborato con Rai, Telesur, RedeBras e RadioPop, Radio Città Futura, Arcoiris.tv. E’ stato fondatore del progetto editoriale de Gli Italiani.
Ha, realizzato numerosi documentari sia come autore che regista e ha scritto per il teatro e curato la regia di alcuni spettacoli.
Come documentarista ha firmato i lungometraggi “Fome Zero Sede Zero” e “Lona Preta” (realizzati in Brasile) e “De Ma – Trasformazione e declino” finalista del festival “Cinema e Lavoro” promosso dalla Cgil nel 2007. Nello stesso anno ha girato un ritratto di Lidia Menapace “Ci dichiariamo nipoti politici”. Ha realizzato numerosi i mediometraggi In Italia, Brasile, Mozambico e Sud Africa, fra cui “Il lato umano”, “Utopia Luar”, “Get on Board”, “Sulla stessa barca”, “Gli angeli del Brasile”. Ha collaborato alla realizzazione dello spettacolo teatrale “Bambini a dondolo” di Giulio Cavalli e scritto e curato la regia degli spettacoli “Cantata dal basso”, “Clic” e “Il lampo verde”.
Ha pubblicato nel 2009, per la casa editrice Socialmente, il libro A schiena dritta; con Coppola editore L’Italia cantata dal basso (2011) e Segreto di Stato (2012); con Errant Editions gli ebook Roma – un reportage e Utopia Brasil e altri due ebook Il lampo verde e L’Era Alemanna in self publishing. Successivamente ha scritto per Imprimatur il libro inchiesta Grande Raccordo Criminale (2014), di cui è coautore insieme alla giornalista Floriana Bulfon, seguito da Roma brucia (2015), In morte di Don Masino (2016), Il bandito della Guerra fredda (2017) e con Antonio Ingroia Le trattative (2018). Con Imprimatur ha anche ricoperto l’incarico di curatore di collana e editor.
Mostra tutti gli articoli di Pietro Orsatti